La Rete delle Memorie della Guerra e della Resistenza in Piemonte è una rete tematica che si sta da tempo consolidando, grazie ad alcuni progetti europei e al sostegno di istituzioni pubbliche e di ricerca; il loro più forte legame è costituito dalle commemorazioni cui partecipano e si incontrano da molti anni le rispettive comunità patrimoniali.
I Quartieri militari di Torino ospitano da qualche anno il Polo del ’900, che è un centro culturale aperto alla cittadinanza e rivolto soprattutto alle giovani generazioni e ai nuovi cittadini; attraverso le strutture e i servizi culturali condivisi è possibile approfondire, leggere, studiare, conoscere, ricordare, viaggiare, socializzare, lasciarsi ispirare, mettersi alla prova, trovare risposte e aprirsi a nuove domande.
La concentrazione e l’integrazione degli archivi e delle biblioteche, la pluralità delle esperienze e delle competenze degli enti partner, la volontà di mettere in connessione memoria e presente, la storia con i grandi temi della contemporaneità, rendono il Polo un soggetto innovativo rivolto a tutti coloro che desiderano avvicinarsi ai grandi temi del ’900 e dell’attualità.
Tra gli obiettivi del Polo del ‘900 ha un posto di particolare rilievo l’ampliamento e la diversificazione dei pubblici in un’ottica di costruzione di comunità che partecipino alla progettazione delle attività culturali. A questo scopo il Polo sostiene due progetti specifici rivolti ai giovani e al proprio territorio di riferimento.
Attraverso il “Museo Diffuso” sono legati ai Quartieri militari anche altri importanti luoghi della Memoria torinesi, in particolare il Sacrario del Martinetto.
Insieme alla Benedicta, il Polo del 900 è capofila della rete integrata sostenuta dalla ragione Piemonte, che include anche Paraloup, Colle del Lys, Alpette, Coazze, Fondotoce e altri significativi luoghi della Memoria con le loro comunità.
La Rete delle Memorie della Guerra e della Resistenza in Piemonte è una rete tematica che si sta da tempo consolidando, grazie ad alcuni progetti europei e al sostegno di istituzioni pubbliche e di ricerca; il loro più forte legame è costituito dalle commemorazioni cui partecipano e si incontrano da molti anni le rispettive comunità patrimoniali.
Le baite abbandonate di Paraloup in alta Valle Stura sono state acquistate e recuperate dalla Fondazione Nuto Revelli per farne luogo di una doppia memoria: quella della guerra partigiana e quella della vita contadina, un luogo che fosse testimone fisico di una memoria storica non ossificata.
Il recupero di Paraloup ha favorito non solo il restauro architettonico della borgata, ma anche la rivalorizzazione dell’area, dimostrando la sostenibilità economica di un sistema integrato di attività (turistico-culturale, agro-silvo-pastorale, artigiana…) che a partire dal suo nucleo centrale si riverbera sull’intero territorio circostante.
La Rete Faro Laguna è dedicata alla valorizzazione dei patrimoni materiali e immateriali legati alla laguna di Venezia: al fine di mostrare come l’acqua unisca persone, attività, architetture e territori, ora come agli inizi di Venezia, e per tutta la sua evoluzione.
Qui descriviamo la Comunità Patrimoniale della Batteria Cà Bianca.
L’Associazione In Diversity ha lo scopo principale di promuovere l’incontro tra le diversità culturali, sociali ed artistiche al centro come nelle periferie, perseguendo un’idea di società aperta e attenta alle tematiche della biodiversità naturale e accogliente le diversità culturali e umane. L’associazione opera nel campo della mediazione scientifica e la pratica artistica si propone di promuovere, sviluppare, perseguire finalità culturali inerenti alle arti dello spettacolo dal vivo, musica, danza, teatro, performing arts, e delle arti visive. Opera per risolvere situazioni di difficoltà e di disagio sociale e psico-fisico quali malattia, solitudine disabilità e povertà, con metodi sperimentali come percorsi di arte terapia, teatro dell’oppresso e la promozione di stili di vita comunitaria ecologica e sostenibile. Offre servizi di prossimità e animazione territoriale, mettendo in campo sperimentazioni di strategie di innovazione sociale per la rigenerazione urbana di beni culturali periferici in disuso, come la Batteria Casabianca Angelo Emo al Lido di Venezia. Agisce per la creazione di opportunità di sviluppo urbano inclusivo e collaborazione tra creatività e territorio.
La Rete Faro Archeologia accoglie le Comunità Patrimoniali che valorizzano il patrimonio materiale e immateriale rappresentato dalle tecnologie e dai saperi antichi e tradizionali, dai musei, musei open air, aree e parchi archeologici, vie di comunicazione e scambio, ecologie, ambienti, paesaggi e loro evoluzione nel tempo, come espressione di civiltà del passato e di ogni attività inerente all’archeologia pubblica, partecipata, sperimentale, inclusiva e accessibile.
Qui presentiamo la comunità patrimoniale di Rudiae LE
Le ricerche archeologiche a Rudiae
L’insediamento di Rudiae rappresenta uno dei siti archeologici più importanti dell’intera penisola salentina ed è nota soprattutto per aver dato i natali a Quinto Ennio (239-169 a.C.), il padre della letteratura latina.
Rudiae, posta a 3 km a sud-ovest di Lecce, è situata lungo le estreme propaggini meridionali della Valle della Cupa: un suggestivo contesto geomorfologico, caratterizzato da un’estesa depressione carsica, che comprende, oltre al capoluogo, numerosi comuni.
La città di Rudiae è inserita in un contesto unitario con altri insediamenti antichi che costituisce uno straordinario sistema storico-archeologico definito “Il Sistema delle tre città”: Cavallino per il periodo arcaico, Rudiae che si sviluppa a partire dall’Età classica e Lupiae (Lecce) per l’Età romana.
Le ricerche condotte a partire dalla fine dell’800 hanno permesso di mettere in luce aree di necropoli, ipogei di epoca messapica, tratti di strade basolate ed edifici monumentali di Età romana.
Nel 2011 attraverso i fondi PROUSST l’amministrazione comunale ha acquistato l’area di Fondo anfiteatro avviando le prime ricerche archeologiche; lo scavo estensivo del monumento si è effettuato a partire dal novembre 2014, prima con finanziamenti POIn FESR 2007-2013, conclusosi nel 2015 e successivamente grazie ad un secondo lotto esecutivo finanziato con fondi FSC 2007-2013, terminato nel Gennaio del 2017.
Le attività sono state svolte sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, in collaborazione con il Comune di Lecce e l’Università del Salento.
Le indagini sul campo sono state coordinate dagli archeologi della Società Archeologia Ricerca e Valorizzazione Srl (A.R.Va) – spin off dell’Università del Salento, che ha curato anche l’allestimento della pannellistica divulgativa del Parco Archeologico e avviato progetti per la valorizzazione e promozione del sito attraverso visite guidate per coinvolgere la comunità locale e sensibilizzarla verso il patrimonio culturale.
Sulla base dei dati raccolti in queste prime attività di scavo è possibile proporre una lettura preliminare delle principali fasi di monumentalizzazione dell’area dell’anfiteatro.
In età messapica l’area in cui sorgerà successivamente l’anfiteatro è caratterizzata da una dolina di natura carsica. L’invaso naturale costituiva un vero e proprio lacus utilizzato dagli abitanti di Rudiae come cisterna a cielo aperto per la raccolta dell’acqua piovana.
Ad età imperiale è databile la costruzione dell’anfiteatro che si adatta alla dolina naturale: l’edificio presenta una dimensione massima di 85 x 70 m, mentre l’arena misura 50 x 35 m e poteva ospitare circa 8.000 spettatori.
Le indagini archeologiche hanno evidenziato quasi interamente l’edificio sino al piano dell’arena, gli aditus e la cavea. La struttura dell’edificio sfrutta il banco di roccia come supporto e parte integrante del sistema di sostegno della cavea. Si tratta dunque di un anfiteatro della tipologia a “struttura piena”, a differenza di quello di Lecce in cui la cavea poggia su sostruzioni voltate in cementizio “a struttura vuota”.
L’edificio presenta le murature perimetrali, quelle dei corridoi radiali, del podio intorno all’arena e degli aditus, realizzate in blocchi di pietra leccese, provenienti dalle vicine cave.
Un gruppo di denari d’argento, databili al regno di Domiziano e Traiano, e una lastra in marmo con l’iscrizione di dedica, sulla quale si legge il nome di Otacilia Secundilla, permettono di datare il monumento nel primo ventennio del II sec. d.C. (106-115 d.C.)
L’abbandono dell’anfiteatro prese avvio tra il IV e il V sec. d.C., come documentato dalla stratigrafia, quando molti blocchi furono reimpiegati per la costruzione di altre strutture e di edifici nella vicina Lupiae, trasformando l’edificio da spettacolo in una cava di materiali. In questa fase anche l’area attigua del Foro (Fondo Acchiatura) fu oggetto di demolizioni e i materiali andarono a colmare l’arena e gli aditus, così trasformati in una discarica. L’indagine di questi scarichi ha restituito materiale ceramico, pregiati intonaci dipinti e numerosissime monete (333), databili all’età medio e tardo imperiale.
Il rinvenimento di una statua di togato in marmo, databile al I secolo dell’Impero, e di una testa in marmo attribuibile ad Agrippina Minore, induce a pensare che nell’area circostante fossero collocate statue di un ciclo imperiale, forse provenienti dal Foro, ubicato probabilmente nell’area di Fondo Acchiatura.
L’associazione Carnaval Historique de Verrès persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale prevalentemente in favore dei propri associati, di loro famigliari o di terzi avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati e delle persone aderenti agli enti associati con lo scopo di promuovere, organizzare e suscitare interesse pubblico verso la conoscenza della storia dell’illustre Casata degli Challant, mediante l’organizzazione di convegni, mostre, manifestazioni e pubblicazioni, a Verrès, nella Regione Autonoma Valle d’Aosta e in altri ambiti; prende parte ad attività di altre associazione o enti ma soprattutto organizza ogni anno, nel periodo del Carnevale il carosello storico, manifestazione di consolidata tradizione popolare.
La Rete delle Memorie della Guerra e della Resistenza in Piemonte è una rete tematica che si sta da tempo consolidando, grazie ad alcuni progetti europei e al sostegno di istituzioni pubbliche e di ricerca; il loro più forte legame è costituito dalle commemorazioni cui partecipano e si incontrano da molti anni le rispettive comunità patrimoniali.
Il parco storico del Colle del Lys ha una lunga storia: il Comitato per il Colle del Lys opera dal 1991 ma già in precedenza esisteva una comunità che si riuniva spontaneamente ogni anno sin dalla fine della Seconda Guerra mondiale e che ha promosso la realizzazione della tosse commemorativa.
L’Ecomuseo della Resistenza Colle del Lys, situato sullo spartiacque tra le valli di Lanzo e la Valle di Susa, nasce in tempi più recenti per valorizzare sia il contributo delle popolazioni montane della Resistenza, sia i luoghi significativi della lotta partigiana, in particolare quelli legati alla 17° Brigata Garibaldi “Felice Cima”. L’ecomuseo racconta la storia della Resistenza al Colle del Lys attraverso quattro luoghi da scoprire, da osservare e da leggere: il primo elemento che cattura l’attenzione sul grande piazzale del Colle è la torre commemorativa, mentre l’ex casa cantoniera è ora sede del centro ecomuseale dove è possibile “fare la conoscenza” dei partigiani che in questo luogo lottarono. Dal piazzale partono i sei sentieri della memoria, i sentieri della lotta partigiana e come ultima tappa di questo percorso di scoperta, comprensione e riflessione la fossa comune.
L’annuale manifestazione che si tiene la prima domenica di luglio al Colle del Lys si svolge nell’arco di più giorni; dal 2003 decine di ragazzi italiani e stranieri convivono per alcuni giorni nel campeggio al Colle, sperimentano la condivisione di spazi di idee che vale a favorire comunicazione e collaborazione, compiono escursioni sui sentieri partigiani e partecipano a laboratori di teatro e musica.
L’Associazione San Giacomo nasce con l’intento di amare e far amare i beni storici di Lu Monferrato, promuovere il restauro e la valorizzazione delle molte chiese del borgo (la prima è stata molti anni fa appunto quella di San Giacomo), promuovere e gestire un Museo di arte sacra, recuperare l’archivio storico per consentire a tutti di scoprire giorno dopo giorno manoscritti del Quattro e Cinquecento, sfogliare registri di battesimo del Sei e Settecento e le storie appena nate, ma da secoli già terminate.
E poi promuovere e gestire con altre associazioni e istituzioni del Monferrato il circuito di concerti “PianoEchos” (che da anni coinvolge l’intero territorio del Monferrato casalese), organizzare convegni e altre iniziative di coinvolgimento e partecipazione attiva della cittadinanza.
Abbiamo risposto nel 2016 alla call del Comune di Napoli capofila del programma europeo “Urbact 2nd Chance” , per la rigenerazione dei grandi edifici dismessi. Da allora lavoriamo alla rigenerazione delle funzioni del Complesso di Santissima Trinità delle Monache/Ex Ospedale Militare oggi Parco Dei Quartieri Spagnoli. Prima, come Urbact Local Group, abbiamo elaborato il Piano di Azione Locale (PAL – http://bit.ly/2JrdKDp ) e dal 2018 stiamo aggregando persone ed energie per attivare le azioni ispirate del percorso pubblico civico delle Faro Community. Nel 2019, il Comune di Napoli ha riconosciuto la nostra Comunità ed i nostri obiettivi (Delibera di G.C. n°156 del 12/04/2019) – http://bit.ly/2hbm0I0
La Delibera recita che: la “Comunità del Parco dei Quartieri Spagnoli” possa continuare a svolgere la sua funzione di aggregazione, elaborazione e catalizzatore di azioni volte al raggiungimento dell’obiettivo di rifunzionalizzazione e riutilizzo del “Parco dei Quartieri Spagnoli”, nonché portatore dei principi posti alla base delle azioni di trasformazione contenute nel PAL. In tal senso, tale funzione potrà concretizzarsi, in accordo con il Comune e con il Demanio, nella sperimentazione di un modello innovativo di partenariato pubblico-civico, che miri al riuso sociale del bene culturale nell’ambito di un modello di gestione aperto ed inclusivo ed in linea con i principi della “Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società” (Convenzione di Faro, 2005).
Tra le finalità dell’associazione Via Francigena Canosa di Puglia vi sono quelle di:
promuovere, valorizzare e tutelare la Via Francigena del Sud – Via Traiana, con particolare attenzione al tratto che lambisce i territori di Canosa di Puglia, confinanti a nord con Cerignola (FG) e a sud con Andria (BT), nonché i sentieri/percorsi di particolare interesse storico-artistico-ambientale percorribili a piedi o in bicicletta nei dintorni della Via Francigena.
Lungo il tratto della tappa di Canosa di Puglia sono ritrovabili siti di particolare importanza come: il Ponte romano del Fiume Ofanto, il Mausuleo di Bagnoli, la Basilica di San Sabino (VI-VII sec.) e il Mausuleo di Boemondo (XII sec.). Diversi sono i petròġlifici presenti sul monumento normanno e sulla antica facciata della Basilica che testimoniano i passaggi generazionali di forestieri mossi dalla devozione o dal semplice desiderio di visitare i luoghi legati alla storia.
La Via Francigena, ovvero “strada originata dalla Francia”, si affermò come il principale asse di collegamento tra nord e sud dell’Europa, lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini.
Tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo, la pratica del pellegrinaggio assunse un’importanza crescente. I luoghi santi della Cristianità erano Gerusalemme, Santiago de Compostella e Roma, e la Via Francigena rappresentò lo snodo centrale delle grandi vie della fede. Infatti, i pellegrini provenienti dal nord percorrevano la Via per dirigersi a Roma, ed eventualmente proseguire lungo la Via Appia verso i porti pugliesi, dove s’imbarcavano verso la Terrasanta. Viceversa i pellegrini italiani diretti a Santiago la percorrevano verso nord, per arrivare a Luni, dove s’imbarcavano verso i porti francesi, o per proseguire verso il Moncenisio e quindi immettersi sulla Via Tolosana, che conduceva verso la Spagna. Il pellegrinaggio divenne presto un fenomeno di massa, e ciò esaltò il ruolo della Via Francigena che divenne un canale di comunicazione determinante per la realizzazione dell’unità culturale che caratterizzò l’Europa nel Medioevo.
Grazie ai diari di viaggio, e in particolare agli appunti di un illustre pellegrino, Sigerico, che possiamo ricostruire l’antico percorso della Francigena. Nel 990, dopo essere stato ordinato Arcivescovo di Canterbury da Papa Giovanni XV, l’Abate tornò a casa annotando su due pagine manoscritte le 80 mansioni in cui si fermò a pernottare. Il diario di Sigerico viene tuttora considerato la fonte itineraria più autorevole.
I pellegrini che viaggiavano lungo la Via Francigena avevano mete diverse, ma un unico sogno: il “pasagiumultramarinum”, il percorso in parte terrestre e in parte marittimo, che conduceva in Terra Santa, a Gerusalemme.
Chi da Roma decideva di incamminarsi verso sud poteva scegliere percorsi diversi che in genere si riunivano in due importanti “nodi”: Capua e Benevento. Da qui la direttrice più battuta era l’Appia Traiana, che conduceva verso i porti della Puglia: Siponto, Bari, Egnazia, Brindisi, Otranto, “finis italiae”.
Qui trattiamo di un tratto della via Francigena, quello di Canosa di Puglia
La Rete delle Memorie della Guerra e della Resistenza in Piemonte è una rete tematica che si sta da tempo consolidando, grazie ad alcuni progetti europei e al sostegno di istituzioni pubbliche e di ricerca; il loro più forte legame è costituito dalle commemorazioni cui partecipano e si incontrano da molti anni le rispettive comunità patrimoniali.
Il parco storico di Verbania-Fondotoce trae le sue origini quando, il 20 giugno 1944, quarantatré partigiani, arrestati nei giorni precedenti durante le operazioni di rastrellamento in Val Grande, vengono fucilati a Fondotoce, proprio nel luogo dove ora sorge il “Parco della Memoria e della Pace”.
Da qui in un territorio – il Verbano Cusio Ossola e le aree limitrofe – ricco di storia, negli anni Novanta viene edificata la Casa della Resistenza qualificandosi come un vero e proprio centro storico multimediale aperto e dinamico, polivalente e in continuo aggiornamento, in grado di offrire servizi e attività diverse.
Nell’ambito della storia contemporanea, l’Associazione è impegnata in attività di ricerca e divulgazione per trasmettere, in particolare alle giovani generazioni, la memoria collettiva legata alla lotta di Liberazione e ai suoi valori e, più in generale, alle problematiche storiografiche relative al Novecento, valorizzando il proprio patrimonio documentario e monumentale.