Celebrare insieme il valore materiale e immateriale della #transumanza, oggi patrimonio culturale dell’Umanitá #UNESCO” –
Lungo la fragile, eppure persistente, rete dei tratturi, che segna i paesaggi del meridione d’Italia dall’Abruzzo alla Puglia, scorrono centinaia di anni di storia del nostro paese, attraverso la muta epopea dei pastori e delle greggi transumanti che seguendo i ritmi della natura, a settembre e a maggio, si muovevano dalle montagne al mare e viceversa, alla ricerca del proprio sostentamento.
La pastorizia è fenomeno antico ed è stato in passato un formidabile volano economico per i territori interni, così importante da aver avuto regolamentazione legislativa a partire dal 1447 quando re Alfonso I d’Aragona istituisce la Dogana della mena delle pecore in Puglia, con cui si rendeva obbligatoria la transumanza per chi avesse più di 20 pecore. Da allora la civiltà pastorale ha costruito se stessa con la fatica, l’eterna ripetizione di atti, gesti, riti, e ha costruito un sistema economico, culturale, di insediamento territoriale, complesso e articolato, spesso in dialettico contrasto con l’agricoltura, cui finirà per soccombere solo all’inizio del ‘900 quando i pascoli del Tavoliere di Puglia verranno affrancati dai vincoli che ne avevano impedito la coltivazione.
Il mondo pastorale in centinaia d’anni ha lasciato impronte sulle terre che le greggi attraversavano, ha generato usi, costumi, gerarchie sociali, filiere produttive connesse alla lana e ai derivati del latte, procedure giuridiche, oggetti, culti e rituali sacri con figure di santi veneratissimi, come Michele Arcangelo, e un sistema di saperi ricco e multiforme del quale siamo tutti eredi e custodi.
Se la transumanza vera e propria non esiste più, esiste però la pastorizia, per la quale oggi più che mai dobbiamo parlare di impresa armentizia, tenacemente voluta da imprenditori, pastori, operatori che con scelta consapevole e fortemente identitaria continuano antiche tradizioni con i modi e i mezzi della contemporaneità, dando luogo a produzioni d’eccellenza. Questa nuova generazione di pastori “resilienti” sta riportando in vita anche luoghi e distretti territoriali che la globalizzazione economica e culturale trascura e che invece possono essere inseriti in circuiti turistici alternativi in grado di valorizzare la nostra regione in tutti i suoi aspetti.
La civiltà pastorale che in Italia ha assunto le forme peculiari della transumanza, lo spostamento stagionale di pastori e greggi sostanzialmente in due limitati periodi dell’anno, tra i monti dell’Appennino abruzzese e i pascoli del Tavoliere di Puglia.
Ai giorni nostri la fitta rete delle vie dei tratturi costituisce il patrimonio di un’i- dentità che testimonia le influenze della pastorizia sull’architettura, sulle attività economiche, nelle abitudini alimentari, socio-culturali e religiose. Un patrimonio, protetto da un importante vincolo archeologico che rappresenta anche una possibilità di sviluppo turistico.
La valorizzazione della Transumanza e della Tratturi non può essere esclusivamente rappresentata da una catalogazione, una classificazione o un processo di analisi “scientifica”, necessaria si, ma che è stata fatta e di cui abbiamo ampia documentazione anche recente. La valorizzazione del Patrimonio Tratturale e della Transumanza è tale quando i suoi effetti si ripercuotono generando un plusvalore, un miglioramento in termini economici delle comunità che insistono lungo il suo percorso divenendo strumento di conservazione e promozione dell’identità di un territorio, delle sue radici e della cultura, ma anche un valido supporto per la diffusione del movimento del turismo L E N T O così come lo è quello dei “camminatori”.
La trasformazione dei tratturi in cammini è qualcosa di automatico, è la sua naturale destinazione. Ci si sta lavorando sia a livello nazionale ed internazionale che a livello regionale, e siamo sicuri che questa questa consacrazione a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità sarà d’impulso per alimentare progettualità, nazionali ed europee, che possano essere d’impulso al sostegno di un’economia locale e capillare in grado di scongiurare la desertificazione urbana e rurale conseguenza della decennale crisi economica che stiamo ancora vivendo. E’ auspicabile che questo si trasformi anche in una rivoluzione didattica, fin dalle scuole primaria, tesa alla conoscenza dell’arte, della storia e dei valori socio-etno-antropologici che ogni territorio esprimere e che sono l’humus ideale per la creazione dello spirito di appartenenza ad un territorio ed alla sua comunità.
Il coordinatore della Rete Faro Transumanza è Antonio Corrado